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fuelletton di inizio stagione lanciato, molto probabilmente con falsa ingenuità, da uno scaltro come Alain Elkann ci ha coinvolto e fregato praticamente tutti. L’Italia sembra essersi schierata quasi unanimemente a favore dei giovani tatuati, con lo smartphone e con il berretto a visiera , epitetati in maniera volutamente vetusta “lanzichenecchi” dal colto scrittore italo-statunitense, ed altrettanto unitariamente il Paese sembra essersi schierato contro l’uomo grigio in completo stazzonato.

La tenzone aveva degli elementi piuttosto semplici: da una parte un ricco uomo che guarda con non celato disgusto i giovani che lo circondano, insultandoli a loro insaputa e pubblicamente sul quotidiano controllato dal figlio John, con un articolo mediocre, dall’altra giovani medi ed innocui. Siccome l’Italia  ha reagito in massa contro la spocchia del potere, deridendo il ricco e difendendo i “deboli”, possiamo dire che “tutto è bene quel che finisce bene”? Nient’affatto secondo me.

Elkann, l’uomo ricco, ci ha fregati: lo scontro, in differita per la verità, è avvenuto nel vagone dei fortunati su uno dei treni più costosi del Paese.

I deboli non sono nemmeno inquadrati sulla scena. Quell’articolo ci ha fatto discutere su cosa avviene nella “prima classe” del Paese, facendoci credere che fosse la realtà, ma allargando l’orizzonte del dibattito del rapporto tra “treno” e “fasce deboli”, dobbiamo dire che l’Italia da anni è schierata solo e pervicacemente con i ricchi mentre  respinge in maniera silente e sempre più dura i fragili.

La geografia delle stazioni ha assunto il volto plastico dell’ultraliberismo: non puoi circolare liberamente nella stazione se non hai un biglietto; non puoi entrare in sala da attesa se non hai un qualsiasi abbonamento; non accedi nella maniera più assoluta ad un salotto di Trenitalia o di Italo se non hai una carta fedeltà.

Solo venti anni fa, non cinquanta, le stazioni erano ben diverse. Da studente universitario frequentavo regolarmente le sale attesa di Termini  e di tante altre stazioni delle città metropolitane e facevo le esperienze umane più ricche che potevano capitarmi. Condividevo l’attesa, mentre ero intento a ripetere gli studi, con mamme con carrozzino ed altri figli a seguito, persone straniere che si addormentavano distrutte sui tavolini o sulle sedie, impiegati e colletti bianchi che leggevano il giornale o lavoravano al pc, gruppi di ragazzini che attendevano eccitati l’uscita del binario, operai e finanzieri, medici in videoconferenza ed homeless e studenti come me. Guardavo quella sala come la migliore democrazia compiuta: eravamo tutti uguali di fronte al binario, nessuna preferenza. Chi voleva pagare un salotto andava ad affittarselo nei vari club già esistenti, ma la sala d’attesa era di tutti ed era una.

Dopo venti anni Termini, e non solo, è divenuta una zona off limits per chi non ha soldi da spendere durante l’attesa. Nessuna gratuità è concessa. Devi aspettare? Vai a sederti nella “terrazza” ( centro commerciale gastronomico con tavolini a pagamento); vai in giro per negozi; fatti una carta argento o oro. Se proprio non vuoi o non puoi spendere: aspetta in piedi. Solo l’attesa sulla forza delle proprie gambe è gratis, se hai una disabilità certificata, ed un biglietto, allora avrai un servizio specializzato, se non sei dentro una “categoria”, resta in piedi. Al binario ti avvicini solo se superi i cancelli con un biglietto scannerizzato, la sala di attesa resta un miraggio dei tempi andati.

Angelo Moretti

I treni “buoni” hanno costi importanti, più degli aerei  (a proposito quando si tornerà a parlare del “caro treni” invece che del “caro aerei”?), gli altri treni, i regionali e simili, sono quasi sempre trascurati e sono ancora più lenti e precari di venti anni fa. Il treno non è più un luogo democratico nemmeno quando cammina dunque: salgono sui frecciarossa e simili solo chi può spendere, per tutti gli altri ci sono treni pessimi. La prima classe è solo un minuscolo microcosmo per pochi “eletti”. Elkann facendoci discutere su ciò che accade in prima classe, come se quello fosse il mondo, ha fatto l’opera più astuta e  pericolosa: ci ha portato a credere che stessimo parlando di una guerra tra ricchi e poveri e tutti abbiamo difeso i secondi, ma in realtà stavamo solo guardando le noie quotidiane di una porzione piccolissima di un’umanità fortunata, dimenticandoci che quelli che leggono ed hanno una bella camicia di lino blu , hanno già costruito stazioni in cui per i poveri non c’è posto, nemmeno per sognare o riposare.

L’opera ora si sta completando con le liste di attesa negli ospedali. Sei ricco? paghi e salti la fila, come negli aereoporti, ti facciamo un biglietto “priority”. Sei povero? Hai tutto il diritto di aspettare, in piedi, se non muori prima. Se davvero vogliamo difendere i lanzichenecchi, come è giusto che sia, iniziamo con il pretendere che a tutti sia concesso viaggiare ed aspettare con dignità.

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